“Che ne sarà del mio lavoro? Della mia stabilità economica? Della vita che sono riuscito a costruirmi fino a oggi in Uk?” Queste le numerose domande che ormai affollano i siti internet, i giornali e le televisioni italiane e inglesi. Il 23 giugno rappresenta, con la vittoria del “leave” che sancisce l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, una data storica che ridisegnerà la situazione non solo economica e sociale ma anche geopolitica dell’intera eurozona.
Evitate gli allarmismi
Sebbene il futuro dell’Inghilterra sia ancora poco chiaro, non bisogna lasciarsi intimorire da falsi miti. La vita di “ogni giorno” per gli Italiani a Londra non cambia. L’Inghilterra, infatti, ha rappresentato per molti europei ,non solo italiani, un porto sicuro, una terra che ha garantito stabilità e ha permesso a molti di realizzarsi non solo dal punto di vista economico ma anche relazionale.
D’altro canto lo stesso Regno Unito ha fondato la propria crescita anche sulla “mano d’opera estera”. E’ palese come un loro improvviso allontanamento a causa della fuoriuscita dall’Europa rappresenterebbe una grave perdita per il Regno Unito, che dovrebbe colmare dei vuoti sostanziali.
Va inoltre evidenziato come la procedura di “uscita” dall’unione europea, così come stabilito dall’art. 50 del TUE non è sicuramente tra le più celeri, è previsto, infatti, un periodo di circa due anni (prorogabile discrezionalmente dal Consiglio Europeo ) in cui l’ex paese membro dovrà rinegoziare tutti gli accordi con gli altri paesi dell’Unione. Questo non comporta immediati cambiamenti nella vita di tutti i cittadini italiani, e dunque europei, che ad oggi continuano a risiedere nel territorio d’oltremanica.
Le frontiere saranno chiuse?
Il primo cambiamento riguarderà la chiusura delle frontiere che, insieme alla mancata sottoscrizione degli accordi di Schengen sulla libera circolazione di persone e merci, renderà più complesso spostarsi da e verso il Regno Unito. Non è ancora chiaro se l’Inghilterra intende stipulare accordi con gli altri paesi UE, ma sicuramente aumenteranno i controlli alle frontiere così come le procedure per ottenere i visti al fine di permanere in territorio inglese. In realtà è ancora presto per stabilire se sarà necessario un visto turistico o se si stipuleranno particolari accordi, ad es. come per gli USA.
Ho bisogno della doppia cittadinanza o del permesso di soggiorno per rimanere in UK?
Considerando che cesserà il diritto automatico dei cittadini europei di entrare in UK , altro nodo fondamentale riguarda le agevolazioni e i permessi di soggiorno per tutti i cittadini italiani che vivono in Inghilterra (ad oggi sono circa 500.000) . In assenza di precisi accordi, verranno meno tutti quei privilegi per i cittadini Italiani in UK, garantiti dall’appartenenza all’eurozona. Chiarito ciò , tutti coloro che, lavorano e dunque pagano le tasse in territorio d’oltremanica da più di 5 anni, potranno, anche tramite ausilio di un legale, richiedere la cittadinanza britannica per godere di questo status.
Il consiglio dunque è quello di agire nel più breve tempo possibile per ottenere la doppia cittadinanza, in assenza della quale verranno meno numerosi benefit tra cui l’assistenza sanitaria gratuita e i numerosi sussidi statali ad oggi garantiti dal Regno Unito tra cui gli assegni familiari o l’indennità di disoccupazione.
Tutti i cittadini italiani, che invece non vorranno o non potranno ottenere la doppia cittadinanza, dovranno richiedere un permesso di residenza per rimanere in UK.
Avrò bisogno di un visto per studiare in UK? Che ne sarà del Progetto Erasmus in UK?
In questo caso dunque sarà necessario ottenere un visto “per motivi di studio” che permetta di circolare e risiedere stabilmente. Ma ciò che è importante evidenziare è che, in assenza dunque di precisi accordi tra i vari paesi, i cittadini italiani non potranno più usufruire delle numerose agevolazioni economiche garantite dall’appartenenza all’UE, tra cui il prestito statale di 9.000 sterline per coprire la retta universitaria (ripagabile al momento di inizio della loro carriera lavorativa, secondo alcuni precisi parametri). Nel calcolo delle “fees” vi era infatti infatti una sorta di equiparazione tra cittadini europei ed inglesi.
Infine ci si chiede: “l’uscita dell’Inghilterra dall’Europa rappresenterà il tramonto del progetto Eramsus in territorio d’oltre manica? ” A rigore, essendo un progetto finanziato dall’UE dovrebbe essere “negato”, ma quasi sicuramente si stipuleranno accordi specifici che comunque garantiranno questi scambi a livello accademico.
Considerazioni finali
L’anno scorso il pericolo per il popolo greco, oggi l’uscita dell’Inghilterra, si tratta di segnali del fallimento di un progetto comune? E’ davvero fallito il progetto di globalizzazione sociale portato avanti dall’UE? Sicuramente si tratta di chiari segnali che dovrebbero far riflettere sulle politiche europee soprattutto in ambito economico.
Bisogna tuttavia scoraggiare assolutamente ogni forma di sentimento anti-europeista che vede nel cittadino comunitario, quindi anche italiano, “l’altro” da allontanare, da “cacciar via”.
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